I
suoi effetti terapeutici noti già a Greci, Arabi e Giapponesi Le
cosmogonie d’ogni popolo in ogni dove celebrano la nascita della vita
nell’acqua, antica nutrice che ha suggerito proiezioni simboliche e similarità
con il latte materno o il liquido amniotico del grembo che ci cullò, non ancora
nati eppure vivi e innocenti. “La
storia dell’acqua è gran parte della storia dell’uomo” – è stato
scritto -. “Piglia forma dai vasi che la contengono, discioglie assenzio e
miele, cibo e veleno; è neve, è ghiaccio, è grandine, è lago.., è oceano;
è nube ed onda, è uragano e perla di rugiada”. Sin
dai tempi più remoti l’uomo ha esperienza dell’acqua, come testimoniano
utensili paleolitici trovati tra la ghiaia dei fiumi, sulle cui rive il nostro
antenato costruì le sue prime dimore. Gli occorsero migliaia di anni, forse,
per escogitare i mezzi con cui trasportarla e farsene scorta nelle sue
migrazioni alla ricerca di migliori territori di caccia; e per intuire che
quest’elemento era un “bene” più grande di lui. Allora i sacerdoti,
consapevoli degli effetti di spreco e inquinamento, fecero della religione la
base di tabù e cerimoniali legati all’acqua e la dichiararono sacra,
minacciando a chi la toccasse l’ira divina. “Possano
gli dei prendere in odio colui che traversa il fiume con mani impure” scriveva
Esiodo ne “Le opere e i giorni”, nell’ VIII sec. a . C. E tutte le
mitologie popolarono le fonti, i mari, i laghi di ninfe o dei, facendone il
simbolo della fertilità agricola e della fecondità sessuale. L’acqua era
bevanda e lavacro terapeutico, celebrava il ritorno della vegetazione,
propiziava la pioggia, purificava dopo parti, malattie, peccati
o in occasione di matrimoni e iniziazioni. L’acqua lustrale appartiene
a tutti i culti che abbiano avuto un messia, Buddha, Mosè, Cristo o Maometto.
L’abluzione, come testimonia il sacramento cristiano del battesimo, implica la
remissione del peccato e la rinascita spirituale.
Se gli
Egiziani deificarono il Nilo e i Babilonesi venerarono l’acqua, i Greci ne
fecero dea Artemide, ma anche
Mnemosyne, che lavava via i ricordi dei trapassati, quando avevano guadato il
Lete, per restituirli ai poeti che s’abbeveravano alla sua sorgente, sorgente
d’ispirazione, di sogni, di versi. Nella
mitologia greca, inoltre, già si ritrova il legame tra musica ed acqua
nell’immagine del tuffo. Chi si getta nei flutti del mare, che rappresenta
l’inconscio, alla ricerca dell’Io, riemerge dai suoi abissi al canto dei
delfini, che incarna la salvezza e la rinascita. E’ dei Greci, quindi,
l’intuizione delle facoltà terapeutiche di musica ed acqua, come pure la
sensibilità ai suoni serenanti di Apollo o a quelli esaltanti e catartici di
Dioniso. Anche
i Giapponesi , che vivono a contatto con una natura umida, amano le sonorità
dell’acqua e riescono a riprodurne gli effetti all’interno delle loro case o
nei giardini con un sistema di percussione affidato a cupole di ceramica e canne
di bambù, che si riempiono di pioggia e la lasciano poi ricadere in un fruscio
di suoni rilassanti. La
sensazione di tranquilla distensione generata nel nostro corpo dal vario fluire
di zampilli e cascatelle non è ignota neppure agli Arabi, nei cui palazzi si
moltiplicano innumerevoli fontane in
un tripudio multiforme ed opulento d’acqua. E
se anche la cultura occidentale s’è ispirata in alcune partiture musicali al
tema dell’acqua, riuscendo a renderne la musicalità – come, ad esempio, nel
preludio “La goccia d’acqua” di Chopin o in “La mer”
di Debussy – è il frastuono della nostra realtà cittadina, in
un confuso crescendo di sirene, clacson, motori e smog, che suona la
musica ossessiva e stressante dell’esistenza quotidiana. Così
diventa sempre più consapevole in ognuno di noi
il bisogno di tornare all’acqua e alle sue voci, in luoghi dove poter
fermare ritmi di vita travolgenti, luoghi antichi come
le terme e nuovi di sofisticata attrezzatura, per ritemprare spirito e
corpo in un riequilibrato rapporto con la natura e i suoi rimedi.
Ursula S. Buendia |
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